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Abitare la zona di discomfort: perché ciò che è comodo non sempre ci fa bene

Abitare la zona di discomfort: perché ciò che è comodo non sempre ci fa bene

È naturale tentare di sottrarsi dalle situazioni difficili che ci creano disagio. Spesso interpretiamo l’ansia e la paura come segnali di allerta di un pericolo. Tuttavia, evitando sempre le esperienze che non ci fanno sentire a nostro agio ma che ci creano qualche fastidio, limitiamo il nostro potenziale. Di solito, le situazioni per noi nuove ci creano preoccupazione e fastidio, ma allo stesso tempo sono anche un’opportunità di crescita personale. Se da una parte ci pongono di fronte ai nostri limiti, dall’altra ci danno l’occasione di provare a superarli.

Sapere che queste sensazioni spiacevoli spesso durano solo per un periodo limitato di tempo potrebbe essere utile quando si decide di provare a superare un proprio limite o una paura. Che si tratti di intraprendere una nuova pratica sportiva, di affrontare un viaggio da soli verso una destinazione ambita o di dichiararsi a una persona che ci piace, il denominatore comune è la paura per il nuovo che ci pone forti limiti. Tuttavia, proprio quella paura, se non superata, rischia di toglierci opportunità importanti. 

 

Indice dei contenuti dell'articolo:

  1. Perché la paura ci limita nei nostri progetti
  2. Allenarsi ad abitare la zona di discomfort
  3. Il Challenge State
  4. Il modo in cui gestiamo gli ostacoli determina il nostro livello di successo
  5. L’illusione della perfezione ci allontana dal nostro pieno potenziale
  6. Come superare la mentalità che ci vuole perfetti a tutti i costi?
  7. L’importanza del feedback
  8. Essere disponibili al fallimento

 

  1. Perché la paura ci limita nei nostri progetti

La paura inibisce la nostra azione in molti momenti della giornata: questo accade perché la paura di compiere un’azione - e spesso il timore delle possibili conseguenze - ci preserva dalle situazioni che potrebbero metterci in pericolo. Ma se la portiamo al limite estremo, in termini di eccessiva cautela, quella stessa paura non ci consentirà di esprimere il nostro potenziale, che si realizza solo nella misura in cui ci poniamo l'obiettivo di superare un limite precedente.

Spesso la confidenza rassicurante che abbiamo con ciò che già conosciamo ci impedisce di esplorare nuove opportunità, nuove abilità, di conoscere persone nuove che potrebbero portare elementi di innovazione, cambiamento e crescita nelle nostre vite.

Esiste un modo per superare le nostre paure di base senza che questo significhi essere coraggiosi o spavaldi nei confronti dei pericoli: occorre abituarsi ad abitare anche la nostra zona di discomfort.

 

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  1. Allenarsi ad abitare la zona di discomfort

Possiamo imparare e allenarci a tollerare maggiormente la sensazione di discomfort: farlo ci permette di raggiungere obbiettivi importanti, di trarre soddisfazione da sfide significative e di realizzare maggiormente le nostre potenzialità.

Esiste un metodo pratico e originale per affrontare alcuni momenti di discomfort detto Brevi Momenti di Discomfort: attraverso tre semplici step è possibile acquisire una maggiore confidenza con quelle sensazioni spiacevoli che spesso ci dissuadono dal fare nuove esperienze:

  1. Dapprima occorre imparare a conoscere la propria paura: la psicologia ci indica che quanto più la evitiamo, più tende a diventare soverchiante e invalidante nel tempo.
  2. Il secondo step utile è pensare a cosa puoi fare per sentirti più a tuo agio in una situazione nuova che pensi ti potrebbe mettere a disagio. Il ragionamento alla base è: se non posso evitare la sensazione di malessere negandola, posso trovare un modo di rendere quella situazione meno spiacevole, senza pensare di doverla solo subire.
  3. Da ultimo, prova a ripensare allo stato di discomfort come a una carica di adrenalina che ti può dare nuova energia, non solo uno sconfortante senso di disagio, peraltro temporaneo.

Prova a pensare all’ultima volta in cui hai sostenuto un esame: come ti sentivi poco prima di sederti per affrontare l’esame? Ti sentivi pronto a rispondere a ogni domanda, vivevi quella situazione come una sfida o invece eri preoccupato di non ricordare nulla di quello che avevi studiato? Ti capitava di pensare ripetutamente alla prova come a un probabile fallimento imminente?

Ciascuno di noi reagisce in maniera soggettiva alla paura anticipatoria. Mentre alcuni di noi apprezzano la carica di adrenalina che precede una prova, per altri invece essa si traduce in uno stato d’animo di panico. Il panico spesso attiva una serie di reazioni fisiche estremamente spiacevoli come il battito accelerato o i palmi delle mani sudati. Imparando a ridefinire il significato che attribuiamo alle sensazioni fisiche legate al panico e alla paura, possiamo affrontare situazioni nuove che non subito ci mettono a nostro agio.

Alcune persone fiduciose nel proprio successo o riuscita interpretano il battito accelerato e la sudorazione eccessiva come una risposta di adattamento del proprio corpo a una situazione di sfida, come se il loro corpo si stesse preparando a fronteggiare una prova che richiede la massima attenzione e concentrazione. Anticipare cognitivamente il momento della riuscita attiva il centro di ricompensa del cervello e porta a una riduzione della paura. Allo stesso tempo, la riduzione della paura aumenta i livelli di ossigeno nel sangue e rende più immediate ed efficaci la capacità di prendere decisioni e la reattività.

 

  1. Il Challenge State

Questa condizione viene definita come stato di attivazione necessario per fronteggiare una sfida o anche Challenge State. Prima di una prova significativa, la tecnica che consente a tutti di entrare in questo stato consiste nello sforzarsi di visualizzarsi mentre si agisce in modo efficace e capace. È utile ripetere più spesso possibile questo esercizio di visualizzazione prima della prova per acquisire maggiore sicurezza e tenere a bada la paura, perché seppur in forma puramente immaginaria si è già allenati mentalmente a vivere quella situazione.

Presta attenzione anche al tuo dialogo interno: cosa ti stai dicendo? Prova a sostituire i pensieri negativi che ti inducono a temere un fallimento con pensieri assertivi che ti aiutano a raggiungere il tuo obiettivo. Più ti eserciterai, più sarà semplice entrare nel Challenge State, anche nel caso in cui le cose non andassero come avevi previsto. Non essere in preda all’ansia e alla paura sarà di grande aiuto anche nel caso sia necessario ricorrere a un piano B se le cose effettivamente non andassero nella direzione desiderata.

 

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  1. Il modo in cui gestiamo gli ostacoli determina il nostro livello di successo

Spesso, per raggiungere un obiettivo importante occorre rimanere focalizzati su di esso anche nel caso in cui si verifichino degli inconvenienti o degli imprevisti che ci innervosiscono e che richiedono di mettere in atto una strategia diversa da quella preventivata.

Riuscirci non è semplice: per lo più nel caso di imprevisti o di ostacoli maggiori di quelli messi in conto, le persone adottano tre possibili strategie per evitare l’ostacolo.

Sapere a quale strategia ricorriamo più di frequente aiuta a perseverare quando ci troviamo di fronte a un imprevisto.

  1. Evitare del tutto gli ostacoli: questo ovviamente significa abbandonare molto rapidamente anche il proprio progetto. Questa opzione ci sottrae momentaneamente alla paura ma allo stesso tempo ci garantisce il fallimento. Evitando un problema, abbiamo la certezza di non riuscire a risolverlo.
  2. Attribuire il proprio fallimento all’ostacolo che si è presentato anziché soffermarsi a capire quale delle proprie azioni abbia contribuito a determinare l’insuccesso finale. Assumersi la responsabilità di quanto sia possibile fare in una situazione di difficoltà ci induce a cercare soluzioni alternative per non rinunciare all’obiettivo. Limitarsi a incolpare la sorte per l’imprevisto non aiuta a mantenere la determinazione necessaria.
  3. Crearsi artificiosamente delle scuse attribuendo il motivo per cui decidiamo di abbandonare l’impresa a piccoli inconvenienti: per esempio, non posso fare quella presentazione perché non so usare Power Point. Quando assumiamo questo atteggiamento limitiamo enormemente il nostro potenziale: a causa di un ostacolo minore o accidentale non raggiungiamo un obiettivo per noi importante e sentenziamo noi stessi l’insuccesso.

Queste tre strategie ci impediscono di mettere alla prova e misurare il nostro coraggio nelle situazioni nuove e inaspettate: non potremo mai raggiungere il nostro pieno potenziale se non saremo disposti a superare gli ostacoli che incontriamo. E per farlo dobbiamo sforzarci di aumentare la nostra tolleranza nei confronti della sensazione di discomfort.

Pensiamo alla situazione in cui riprendiamo una pratica sportiva dopo un lungo periodo di inattività. Nei primi giorni la sensazione di fatica e di indolenzimento saranno anche fastidiose, ma entro breve il corpo inizierà ad adattarsi alle nuove richieste di sforzo. Dopo poco tempo, se riusciremo a mantenere la costanza negli allenamenti, a quella sensazione di dolenzia si sostituirà una sensazione di ritrovato benessere e il corpo sarà pronto per progredire ulteriormente nella disciplina che stiamo praticando.

Cosa analoga accade di fronte agli ostacoli che si frappongono lungo la strada verso i nostri obiettivi personali: se di fronte all’imprevisto cerchiamo di capire come reagire alla sfida senza demoralizzarci, poniamo le basi per due conquiste: ottenere ciò che ci sta a cuore e darci una concreta evidenza che possiamo fare affidamento su noi stessi in tutte quelle situazioni che ci chiedono di modificare rapidamente il nostro comportamento.

 

  1. L’illusione della perfezione ci allontana dal nostro pieno potenziale

A tutti noi capita di avvertire la pressione del giudizio altrui: il desiderio di ottenere il consenso e l’approvazione altrui è connaturato nell’uomo. Nei tempi antichi la sopravvivenza individuale era condizionata dal supporto che gli altri membri della tribù potevano dare. Nell’epoca moderna le cose sono per fortuna in parte cambiate, tuttavia la pressione dell’aspettativa sociale ancora oggi ci condiziona negativamente.  Siamo indotti a ricercare un’ideale di perfezione e adeguatezza che oltre ad essere spesso poco realistico ci depaupera delle nostre energie.

Spesso arrendersi di fronte a un ostacolo e rinunciare al nostro obbiettivo  sono condizionati pesantemente dall’idea che tanto non sarà possibile ottenere la perfezione, e che pertanto ogni tentativo sarà deludente e quindi inutile.

Questo ci impedisce di scoprire la reale estensione del nostro potenziale: consapevoli di non poter raggiungere la perfezione rinunciamo anche a standard più elevati che comunque ci porterebbero a un miglioramento di noi stessi e con ogni probabilità all’acquisizione di vantaggi rispetto alla situazione presente.

 

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  1. Come superare la mentalità che ci vuole perfetti a tutti i costi?

Una prima strategia ci viene offerta dalla psicologia: la ricerca mostra come tendenzialmente sovrastimiamo di circa il 50% il tempo in cui gli altri pensano a noi. Significa che le persone sono troppo prese dalle proprie vicissitudini per avere il tempo di pensare e preoccuparsi di ciò che noi facciamo. Questo viene chiamato effetto spotlight: significa che ciascuno di noi potrebbe essere mediamente estroverso il doppio di quanto non lo sia abitualmente senza che nessuno effettivamente se ne accorga. Allo stesso modo, ciascuno di noi crede che un proprio errore o una propria difficoltà sia subito vista dagli altri.

La seconda strategia prevede di avere una maggiore confidenza e dimestichezza con le nostre paure: spesso cerchiamo di ignorare o negare le sensazioni di ansia e paura, il che le rende più forti e questo ci porta a vergognarci. Imparare a conoscere e ad avere dimestichezza con gli stati emotivi che ci creano discomfort interiore è un primo passo di grande coraggio che apre la strada al superamento delle paure.

Spesso quando confidiamo a un amico di fiducia una nostra paura, dopo ci sentiamo un po' rassicurati e quindi più coraggiosi. Parlare con qualcuno di una nostra fragilità può portarci a scoprire che anche all’altra persona è accaduto di vivere quello che sta accadendo a noi. Questo ci fa sentire meno soli e ci incoraggia ad affrontare la paura che ci limita.

La condivisione richiede coraggio e quindi attiva in noi quel challenge state che ci può sostenere nell’affrontare il problema.

 

  1. L’importanza del feedback

Ricevere un feedback sulle nostre prestazioni a volte può essere spiacevole. A nessuno piace che le proprie debolezze o vulnerabilità siano messe in evidenza da qualcun altro, ma per progredire e migliorare è necessario che questo avvenga: dobbiamo accettare l’idea che il feedback, anche se non positivo, è uno strumento essenziale per la crescita e il miglioramento.

Certamente gioca un ruolo cruciale la persona da cui riceviamo il feedback: se si tratta di una persona di cui ci fidiamo e di cui abbiamo stima, e che ha a cuore il nostro bene, allora il suo feedback può avere un vero potere trasformativo e farci migliorare e progredire. 

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  1. Essere disponibili al fallimento

Spesso un successo richiede la disponibilità ad accettare un eventuale fallimento.

Il fallimento può essere di due tipi:

  1. il fallimento che avviene quando manca l’impegno, la grinta o la preparazione per affrontare un compito
  2. il fallimento detto smart o “intelligente” che avviene quando ci avventuriamo in un campo ignoto per scoprire qualcosa di nuovo.

Purtroppo, spesso i due tipi di fallimento vengono valutati entrambi negativamente, senza considerare che il fallimento è parte integrante di ogni processo di ricerca di innovazioni e soluzioni originali.

Il secondo tipo di fallimento non ci dice che siamo inadatti o incapaci, ci indica invece che dobbiamo acquisire più esperienza e competenza per muoverci con disinvoltura in quel nuovo ambito. Il fallimento intelligente ci offre anche un’ulteriore opportunità: ci segnala cosa è andato storto, che qualcosa nel processo deve essere modificato o affinato. Il fallimento ci aiuta a capire due cose: cosa è andato storto e perché è accaduto.

Può essere spiacevole, ma se abbiamo la pazienza e l’umiltà di analizzare ogni aspetto del nostro progetto e di capire quale ruolo noi stessi abbiamo avuto nel fallimento, di restare quindi nella discomfort zone, solo allora potremo vedere in modo oggettivo quali passaggi sono andati storti e acquisire quella visione di insieme che ci guiderà nel tentativo successivo

 

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