Terapia individuale
Tutti noi funzioniamo con schemi e modelli che ci aiutano interpretare la realtà: da questi modelli derivano le nostre emozioni, cioè il modo di percepire quanto ci circonda, i nostri comportamenti e come reagiamo a quello che ci succede.
A volte questi modelli possono non funzionare più e non esserci più utili e ci accorgiamo di attraversare una fase di crisi, ma facciamo fatica a cambiarli e a separarcene: anche resistere al cambiamento è fisiologico e normale, perché cambiare è una delle esperienze più faticose della vita.
Se però un problema o una difficoltà diventano sempre più complessi da gestire - sia che vengano dal nostro passato o siano l’effetto di una esperienza recente - rivolgersi a un terapeuta è il primo passo per fare chiarezza su quello che sta succedendo e trovare la strada alternativa migliore, a seconda delle esigenze individuali.
Chiedere aiuto: un’opportunità di cambiamento
Tutti noi abbiamo delle aree personali che fatichiamo a capire e a interpretare e che possono farci diventare tutt'uno con il nostro malessere: possiamo essere oggettivi e dare ottimi consigli a un amico in difficoltà, ma quando si tratta di noi stessi è difficile se non impossibile mantenere la stessa lucidità.
A volte è complicato persino riuscire a descrivere queste difficoltà, e nasce il timore di non sapere letteralmente cosa dire durante i primi colloqui con il terapeuta. È un timore legittimo, ma uno dei primi compiti condivisi con il terapeuta è proprio riuscire a dare voce a queste difficoltà: cosa sta accadendo, quali preoccupazioni sono presenti e i motivi che hanno portato alla richiesta di aiuto.
Il mio approccio con una persona che mi chiede aiuto inizia dal primo colloquio conoscitivo, utile per iniziare a conoscersi e valutare la possibilità di proseguire gli incontri.
Dopo il primo incontro, prevedo tre colloqui nei quali iniziamo a descrivere le difficoltà e a valutare come proseguire il percorso intrapreso: sono i primi passi per prendere la giusta distanza dai problemi e iniziare a osservarli sotto una nuova luce.
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I tre colloqui
I tre colloqui danno la possibilità di individuare e capire l’origine del problema e come questo si manifesta. Le difficoltà sono sempre personali, ma è utile stabilire se, per esempio:
- sono legate a una situazione contingente, per esempio una separazione dal partner che porta a una flessione dell'umore, reazione naturale a un evento così importante
- non ci sono motivi esterni e l'origine del problema è interna: abitudini e stili di pensiero, modi di relazionarsi o di porsi di fronte a situazioni critiche o difficoltose, paure e timori che esistono da sempre ma iniziano a diventare un serio ostacolo per la realizzazione di obiettivi, desideri e progetti, nella vita di coppia, amicizie, rapporti con i colleghi di lavoro e altri contesti di vita
- esistono abitudini ricorrenti e poco funzionali che la persona può riconoscere ma dalle quali fatica a slegarsi: per esempio, sentirsi poco autonomi nelle decisioni e progetti personali o vivere relazioni affettive che nel tempo sono diventate più fonte di sofferenza che di appagamento.
Ogni situazione richiede una valutazione specifica che inizia dai primi colloqui, durante i quali la mente esterna e non giudicante del terapeuta può fornire una chiave nuova e diversa di riflessione, per uscire dagli schemi di pensiero abituali che da soli non si riesce a modificare.
Nella mia esperienza, i tre colloqui creano da subito un primo momento di sollievo: la distanza ravvicinata (un colloquio ogni dieci giorni circa) mi permette di dare un supporto emotivo solido, perché il dialogo e la condivisione alleviano il senso di solitudine e disorientamento che è normale provare quando si è in balìa di pensieri ed emozioni percepiti come troppo intensi e pervasivi, cioè capaci di condizionare il benessere e la vita quotidiana (lavoro, affetti, famiglia, attività ricreative, passioni).
La mappa e la bussola
È importante che anche la fase di valutazione permetta a ogni persona di “portarsi via qualcosa” e questa cosa è la mappa che costruiamo, scrivendola insieme con il supporto di una lavagna.
Soprattutto quando l'espressione e l'elaborazione di una difficoltà o di un ricordo si rivelano particolarmente faticosi, la mappa diventa l'oggetto che aiuta a prendere le distanze: con le parole creiamo la sintesi dei punti individuati, la traccia dei contenuti emersi. È un modo per fissare e portare sempre con sé le parole nate durante i colloqui, il primo materiale sul quale lavorare e a cui tornare ogni volta che se ne ha la necessità.
La mappa può funzionare anche come traccia e supporto da seguire quando la persona ha la volontà ma anche difficoltà a condividere la sua situazione con un partner, un familiare o un amico fidato: le parole scritte sono la bussola che indica la direzione e aiuta a seguire il filo dei pensieri per riuscire a esprimerli.
Il proseguimento della terapia
La terapia che prosegue dopo i tre colloqui è un percorso strettamente individuale in termini di durata e di frequenza, da stabilire sulla base degli elementi raccolti nei primi colloqui che hanno permesso di dare un quadro del problema e della sua pervasività, cioè dell’impatto sulla vita quotidiana.
Nel proseguimento della terapia c’è spazio per l’azione e la riflessione:
- spazio per affrontare ed elaborare con serenità gli eventi e gli aspetti dolorosi, le pieghe più intime e profonde del proprio essere
- spazio per capire il funzionamento della propria personalità, le aree di difficoltà e le reazioni alle situazioni critiche, soprattutto quelle che provocano malessere ma che diventano automatiche e difficili da arginare. Far caso ai motivi e alle situazioni che innescano queste risposte automatiche significa iniziare a prendere quel minimo di distanza iniziale che aiuta a decifrarle
- spazio per valutare le possibilità di cambiare: il compito del terapeuta è aiutare a individuare le possibili strategie alternative, supervisionare i tentativi di applicarle e capire se mettono in atto dei cambiamenti e portano a risultati positivi.
Il ruolo del passato e le possibilità di cambiamento
Il cambiamento, lo abbiamo detto, è un processo complesso e costoso al quale è necessario esporsi per gradi, valutandolo passo dopo passo: proseguire un percorso di terapia significa non solo avere uno spazio di riflessione e comprensione ma anche assumersi la responsabilità della direzione da dare alla propria vita e diventare parte attiva del cambiamento.
“Rendi cosciente l'inconscio, altrimenti sarà l'inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino”
Questa frase di Carl Jung è esemplare per spiegare il rapporto con i vissuti personali. Il passato va osservato e analizzato perché è una parte importante di ogni storia personale e ha delle conseguenze reali nella vita attuale, ma relegarsi al ruolo di figli del passato significa rinunciare alla speranza di poter diventare più consapevoli e padroni delle proprie scelte.
Integrare nuovi modi e modelli per leggere la realtà e trovare quelli che funzionano significa uscire dalla sofferenza causata dalla sensazione di non poter cambiare, di non avere alternative al proprio modo di essere e di agire: collaborare con il terapeuta nel percorso individuale vuol dire avere una mente e una risorsa in più per arrivare a risultati più ricchi e utili rispetto all’elaborazione personale, per diventare sempre più autonomi e capaci di affrontare con serenità le situazioni della vita e i pensieri, le emozioni e i comportamenti che le accompagnano.
Questo investimento iniziale non andrà mai perso perché crea un patrimonio comune di riflessioni utili, la base solida che migliorerà costantemente l’efficacia e l’utilità delle sedute che nel tempo potranno anche diventare meno frequenti rispetto all’inizio.